lunedì 1 giugno 2009

Palermo : La città diventa una discarica. Di chi è la colpa?

Un gruppo di turisti fotografa l’albero Falcone, con i biglietti lasciati una settimana fa dagli studenti arrivati da tutta Italia, e sullo sfondo un cumulo di rifiuti. “La notte del 23 maggio arrivarono non so quante squadre di netturbini”. Allarga le braccia un condomino di via Notarbartolo, dove abitava il giudice Giovanni Falcone.
“Si aspettavano tre ministri del governo Berlusconi e il presidente della Repubblica. Dal giorno dopo, non si è visto più nessuno”. La strada simbolo di Palermo, del dolore e della voglia di riscatto, è da dieci giorni una discarica a cielo aperto. Pochi metri oltre l’albero di Falcone, è ormai sommersa dai rifiuti la lapide che ricorda Calogero Zucchetto, il giovane investigatore della squadra mobile freddato dai killer della mafia un pomeriggio di 27 anni fa.
È un’altra cartolina da Palermo. Il messaggio lo mette Salvatore Borsellino, il fratello del giudice Paolo: “Quei rifiuti sono il simbolo del degrado in cui sta sprofondando Palermo. Questa città non è più la capitale morale del paese. Perché l’immondizia è dentro le istituzioni, che hanno distrutto la memoria, la coscienza collettiva, e soprattutto il buon governo, la vera frontiera della lotta alla mafia”.
Nei bilanci in rosso dell’azienda igiene ambientale di Palermo sono finite pure le spese folli per 22 missioni del management negli Emirati Arabi, alla ricerca di chissà quale gara d’appalto da aggiudicarsi: 550 euro a notte negli alberghi più esclusivi di Dubai, 500 euro per un pranzo ai tavoli di raffinati ristoranti. Dalle ricevute rimborsate risulta che cinque funzionari avrebbero soggiornato contemporaneamente in due alberghi di due città diverse.
Eccola, l’ultima emergenza a Palermo. Da via Notarbartolo a via Libertà, da via Regione Siciliana al Foro Italico, dal centro alle periferie, da dieci giorni la città è accerchiata da 4.000 tonnellate di immondizia. E ogni notte, brucia. Sono ormai quasi duecento i cassonetti andati a fuoco. E tre sere fa, è stata sfiorata la strage, perché le fiamme si sono propagate ad alcune auto parcheggiate davanti a una palazzina.
In questi giorni di grande presenza dei turisti in città i ristoratori del centro si arrangiano come possono per nascondere i cumuli di immondizia. Qualcuno ha sistemato delle tende, persino delle improvvisate scenografie del teatrino dei pupi davanti ai cassonetti.
I rifiuti sono anche davanti al palazzo di città, dove per giorni il consiglio comunale è rimasto asserragliato per la discussione sull’aumento della Tarsu proposta dal centrodestra. Quei sacchetti li hanno portati i dipendenti che protestano contro il buco di bilancio dell’Amia, pesante incognita per i loro stipendi futuri.
Il palazzo è assediato, dai netturbini e dalla polizia. Alle quattro del pomeriggio, la maggioranza del sindaco Diego Cammarata prende atto di non essere più tale. Non ci sono i consiglieri del movimento per l’autonomia del presidente della Regione Lombardo, in questi giorni in rotta di collisione con il Pdl. Non c’è un consigliere del Pdl vicino a Gianfranco Micciché. Ci sono soprattutto 1.200 emendamenti presentati dall’opposizione.
La maggioranza rinuncia all’aumento della Tarsu. E i consiglieri escono sotto scorta, tra i fischi e gli insulti dei netturbini. Che annunciano subito un nuovo fronte di proteste. “Sciopero bianco”, lo chiamano. Ovvero, niente raccolta di rifiuti senza l’equipaggiamento previsto dalle norme: tute, guanti, scarpe e mezzi meccanici adeguati.
“Noi eravamo contrari all’aumento della Tarsu - dicono i sindacalisti di Fp-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Fiadel, Ugl e Confisal in un’improvvisata conferenza stampa davanti al palazzo di città - vogliamo certezze. Sono pronte istanze di pignoramento per 10 milioni di euro nei confronti dell’azienda, ciò significa che i 7,5 milioni, compresi gli stipendi dei lavoratori, che il Comune girerà all’Amia a giugno saranno bloccati”.
Davanti al palazzo di città adesso deserto, qualcuno ipotizza pure la costituzione di parte civile contro gli ex amministratori Amia che la Procura sta mandando a giudizio per un falso in bilancio di 61 milioni di euro.
Foto : Petyx
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