"Mi impiccano fra pochi secondi. Aiutatemi". Erano le sei del mattino quando è squillato il telefono dei genitori di Delara Darabi, in Iran. La voce rotta dal terrore, la ragazza implorava aiuto, consapevole che l'ayatollah aveva deciso di farla impiccare per un omicidio che lei giura non aver commesso. "Mi impiccano fra pochi secondi. Aiutatemi".
Ma nessuno ha voluto ascoltare il grido di protesta delle associazioni umanitarie iraniane e di Amnesty international. I genitori di Delara si erano offerti di pagare anche il cosiddetto "prezzo del sangue", l'indennizzo ai parenti della vittima, pur di ottenere il perdono. Ma la famiglia della donna uccisa non ne ha voluto sapere e la sentenza di morte non è stata modificata.
E' stato un figlio della vittima a girare intorno al collo di Delara la corda del boia. Aveva 22 anni e faceva la pittrice la 140esima condannata a morte in Iran dall'inizio dell'anno. Quando morì uccisa una cugina del padre, Delara aveva appena 17 anni. Ammise di essere stata lei l'assassina ma solo per coprire il suo compagno due anni più anziano di lei.
Dopo il processo di primo grado, ritrattò sperando che i giudici la graziassero per la sua minore età tanto più che Teheran ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti dell'infanzia che vieta la pena di morte ai minorenni. Ma l'esecuzione, seppur rinviata di qualche settimana, ieri l'altro è stata eseguita, senza neppure che l'avvocato di difesa fosse avvisato. Unica concessione all'imputata, una telefonata ai genitori qualche minuto prima di morire: "Mi impiccano fra pochi secondi. Aiutatemi".
Fonte: La Repubblica