Gianfranco, vulcanologo fresco di laurea con tanto di lode, in attesa del lavoro della vita, accetta un posto in un call-center. Quando la sua donna, Marzia, studentessa di giornalismo che si paga gli studi rispondendo a una linea erotica, vede che i conti di fine mese non tornano, Gianfranco trova un secondo lavoro come "uomo" delle pulizie per una famiglia di filippini.
Ma l'annichilimento di un angusto lavoro, la perdita di ogni aspirazione professionale, mettono in crisi anche la coppia più innamorata e l'idea di mettere su famiglia naufraga miseramente.
Fuga dal call center è un po' film e un po' documentario. Le scene della vita di Gianfranco, infatti, si mescolano a spezzoni d'interviste di veri precari di call-center, appunti di film in bianco e nero che sono stati per Rizzo lo spunto da cui partire. Se da un lato questi volti e racconti sanno di realtà, le vicende di Granfranco e Marzia, dall'altro, sono così esasperate, da sfiorare il nonsense.
Il mondo del precariato forse è così folle e privo di regole, se considerato come la base da cui partire per alimentare aspirazioni e portafogli, che non resta altro che esprimerlo attraverso una favola nera, grottesca e surreale, in cui fantomatici scommettitori puntano sul cavallo da call-center più produttivo e strani supereroi in calzamaglia compaiono ai dipendenti più stanchi.